Il paradosso del tempo risparmiato
Prospettive 18/2024 - Di come il digitale ci abbia regalato più tempo, dell’illusione di averne più di prima e del perché il podcast è proprio il media del nostro tempo.
Ciao!
Nella newsletter di oggi ti porto una riflessione che mi ha colpito molto su come sia cambiato il modo in cui impieghiamo il tempo grazie al digitale e di come, allo stesso tempo, non sia cambiato di fatto proprio nulla. Parleremo di implicazioni, responsabilità personale e strategie.
Poi ti porterò alla scoperta di un podcast nuovo a cui ho collaborato e che dimostra come la tecnologia possa aiutarci ad ampliare il nostro sguardo verso tematiche sociali importanti che di certo valgono tutto il nostro tempo.
Questo è ciò che mi sono portata a casa dopo gli ultimi due eventi a cui ho partecipato: il Digital Ergo Sum a Roma e il We Make Future a Bologna, dove non solo ho ascoltato speech interessanti, ma ho incontrato persone che mi hanno arricchito personalmente e professionalmente. A partire dal gruppo dei Newsletterati di cui faccio parte e con il quale ho partecipato al panel di giovedì scorso insieme a Federica Trezza, Cristiano Carriero, Simone Pazzano, Matteo Aliotta, Lorenzo Ancona, Antonio Civita, Felice Nitti.
Puoi seguire le loro newsletter, se ancora non le conosci, perché sono tutte perle preziose.
Dunque, parlavamo…
Di tempo risparmiato e paradossi della tecnologia
Due persone diverse, in due eventi diversi, hanno parlato di un stesso concetto: la relazione tra la tecnologia e il tempo a nostra disposizione. Siamo di fronte a un paradosso, e me ne sono resa ancora più conto dopo aver ascoltato l’intervento di Sabrina Pernarella, imprenditrice, al Digital Ergo Sum e dello speech inaugurale di Giorgio Taverniti al WMF.
Ti riporto in sintesi quale highlight che ho trovato utile.
Le tecnologie digitali sono state introdotte con la promessa di rendere la nostra vita più efficiente. E in effetti è così: hanno rivoluzionato il nostro mondo e lo hanno reso migliore in tanti modi. Per esempio disponiamo di:
Sistemi che automatizzano compiti ripetitivi e facilitano la connessione globale.
Applicazioni e dispositivi indossabili che monitorano la nostra salute a distanza.
Banche online e criptovalute che hanno trasformato l'economia e l’esperienza d’acquisto.
App che ci guidano in luoghi sconosciuti senza bisogno di chiedere informazioni ai passanti.
Motori di ricerca e AI che danno accesso a un’infinità di informazioni in modo istantaneo.
Immagina quanto tempo impiegheremmo nel fare tutte queste attività se fossimo negli anni 2000 senza la tecnologia di oggi. Tutti questi strumenti ci hanno liberato di tempo prezioso che in teoria avremmo a disposizione per dedicarci ad attività ben più soddisfacenti e di qualità.
Eppure pare di avere sempre meno tempo. Non hai anche tu questa percezione?
Dov’è finito il tempo risparmiato con la tecnologia?
Da nessuna parte. È un paradosso, ma è così. Nonostante questi progressi, il tempo che risparmiamo non sembra tradursi in un surplus di tempo libero o di maggiore qualità della vita. I motivi possono essere legati a questi fattori:
Sovraccarico di informazioni: abbiamo talmente tanto materiale a disposizione che la selezione (tenendo conto anche di disinformazione e fake news), l’analisi e la comprensione dei dati, diventano paradossalmente tanto dispendiosi quanto una ricerca alla vecchia maniera.
Dipendenza Tecnologica: Questa è la peggiore di tutte. Le tecnologie sono progettate per mantenerci coinvolti (azzarderei persino schiavi!). Passiamo ore sui social media, navigando su internet o utilizzando app che dovrebbero migliorare la nostra produttività, ma poi la perdiamo nel tentativo di stare dietro a un algoritmo o ai trend del momento.
Distrazioni: è difficile resistere all’effetto dopaminico di una nuova notifica. Peccato portino a frequenti interruzioni, che frammentano la nostra attenzione e riducono l'efficacia del nostro lavoro.
Multitasking: sentiamo di poter fare più attività contemporaneamente, ne abbiamo bisogno, ogni minuto è prezioso, “ma il cervello non è fatto per farlo” dice la psicologa Catherine Jackson.
E qui arriva una riflessione necessaria:
Come possiamo utilizzare in modo più consapevole il tempo risparmiato grazie alle tecnologie?
Consapevolezza e responsabilità sono state le parole chiave emerse in questi due speech.
Riconoscere il paradosso del tempo risparmiato è il primo passo per affrontare il problema. La consapevolezza dei nostri comportamenti digitali e del modo in cui utilizziamo il nostro tempo è fondamentale per fare scelte più virtuose.
Ma anche responsabilità, termine che significa essere “abili nel rispondere” ai continui stimoli, notifiche, performance. E rispondere significa mettere spazio e tempo allo stimolo, senza stress e ansia.
Quindi non è la tecnologia a rubarci il tempo ma come noi rispondiamo ad essa. Non abbiamo meno tempo, lo riempiamo in modo più superficiale.
Abbiamo bisogno di riconquistare la connessione con gli altri, le relazioni, la profondità delle cose. È un modo per ricordarci che la tecnologia è al nostro servizio e non noi al servizio della tecnologia, o degli algoritmi.
Perché il podcast è il media perfetto dei nostri tempi?
Perché si integra perfettamente nel contesto sociale e culturale moderno. Da una parte riempie i momenti della giornata in cui vogliamo ottimizzare quel poco tempo che percepiamo di avere (mentre siamo in viaggio, mentre facciamo sport, mentre sbrighiamo le faccende di casa), dall’altra ci permette di aprirci a contenuti di una profondità diversa, che meritano di essere ascoltati con i giusti tempi e che valgono il tempo speso.
Ad esempio offrendoci l’opportunità di avvicinarci a mondi a noi lontani, forse comprenderli, o anche solo conoscerli per ampliare il nostro sguardo e andare oltre quello che le bolle dei social vogliono farci vivere.
Un esempio? Il nuovo podcast di Nyva Zarbano.
Quanto contano le apparenze?
Nyva Zarbano, classe 1985. Content creator, speaker, art director di Rock’n’Roll Radio, veejay e dj nei club più rappresentativi dell’underground, metallara. È lei l’autrice della nuova stagione del video podcast che settimana scorsa abbiamo lanciato su YouTube e Spotify.
Diario di una metallara - bullshit edition parla di bullismo, luoghi comuni, pregiudizi e stereotipi.
E chi se non lei poteva affrontare questi temi che della sua storia ne è piena? La prima stagione nasceva dall’esigenza di condividere il suo modo di essere, normale per lei, ma per molti atipico, strano e fuori dagli schemi.
Poi l’esigenza è diventata più forte perché, come lei stessa dice citando lo scrittore tedesco Ernst Junger, “cercando di sembrare ciò che non siamo, cessiamo di essere quel che siamo.”
E allora non bastava più la sua unica e sola testimonianza di ciò che significa essere bollati e bullizzati. Servivano più voci, più persone vincenti che nella vita non sono mai scese a compromessi ma che hanno sempre scelto di essere fedeli a se stessi. E proprio come lei, ognuno a suo modo, andando incontro a bulli, ignoranti, bigotti e tutta quella schiera di persone che mai bisogna ascoltare, hanno trovato il coraggio di essere ciò che sono.
Cercando di sembrare ciò che non siamo, cessiamo di essere quel che siamo. - Ernst Junger
A questo podcast ho contribuito al supporto editoriale e ne sono stata felice perché la mission è di quelle potenti come piacciono a me. E poi c’è dietro una squadra di giovani professionisti di tutto rispetto, mossi da un unico desiderio: raccontare storie di ispirazione che aiutino i ragazzi a capire che nessun bullo, per quanto forte possa sembrare, può schiacciare i propri sogni.
Se la superficialità ti inquieta e vuoi combatterla, questo è il podcast che fa per te.