Ciao,
in questi giorni ho ricevuto tanti messaggi e risposte da molti di voi sull’argomento lanciato nella scorsa edizione di Prospettive. Ne sono nate conversazioni e confronti interessanti e in molti sono approdati qui. Un benvenuto ai nuovi arrivati!
Il tema ha aperto diversi interrogativi che forse per un po’ non troveranno risposta. Ma credo che in pochi sanno che tutta questa trasformazione che vediamo oggi era in realtà stata prevista fin dagli albori del podcasting.
Ripescando un articolo del 2004, che ho scoperto leggendo il libro Capire il Podcasting di Alberto Pian, in questo numero di Prospettive approfondisco come le origini indipendenti del podcasting abbiano posto le basi per un mezzo rivoluzionario, e perché ora è al centro di complesse dinamiche tecnologiche e culturali.
Rewind fino al 2004
Nell'autunno del 2004, Adam Curry e Dave Winer (i padri fondatori del podcasting) collaboravano per trovare un modo semplice e automatico per far scaricare e ascoltare i file audio sul Web. Tramite una tecnologia open-source, il feed RSS, si diede vita a un nuovo tipo di broadcasting: aperto, accessibile e controllato dai creatori.
Doc Searls, giornalista, autore e pioniere della cultura open source, era molto attratto da questo nuovo formato che reputava innovativo sia dal punto di vista tecnologico che culturale.
Come lui stesso scrive in un articolo di blog del 28 settembre 2004 su Linux Journal, questa innovazione rappresenta una nuova forma di broadcasting fai-da-te.
“...tutti gli standard con cui stiamo lavorando qui sono aperti. Sono l’infrastruttura nuova e in crescita per una nuova classe di broadcasting. Non sostituirà il broadcasting tradizionale, proprio come l’FM non ha sostituito l’AM e la TV non ha sostituito la radio. [...] È podcasting. Creerò un acronimo per questo: Personal Option Digital 'casting.” (da qui il nome PODcast, contrariamente alla definizione cui spesso è attribuita).
Il podcasting permetteva (allora come oggi) ai creatori di bypassare i canali tradizionali come radio e TV, democratizzando la produzione e distribuzione di contenuti. È la realizzazione del principio espresso nel suo Cluetrain Manifesto: la comunicazione autentica e peer-to-peer.
Il podcasting vs il broadcasting tradizionale
Le differenze tra il podcasting e i broadcaster tradizionali definiscono l’essenza di questo formato. Ecco alcuni aspetti chiave:
Decentralizzazione: I broadcaster tradizionali, sia radio che TV, operano in modo centralizzato. Controllano la produzione, la distribuzione e l’accesso ai contenuti. Al contrario, il podcasting è nato come un sistema decentralizzato grazie al feed RSS, dove chiunque può creare e distribuire contenuti senza intermediari.
Flessibilità di fruizione: La programmazione dei broadcaster tradizionali è lineare, obbligando gli spettatori o ascoltatori a seguire un palinsesto. Il podcasting, invece, è on-demand: gli utenti scelgono cosa ascoltare, quando e come.
Accessibilità economica: Creare contenuti per broadcaster tradizionali richiede infrastrutture costose e complessi processi di approvazione. Con il podcasting, basta un microfono, un computer e una connessione Internet per iniziare a pubblicare.
Indipendenza creativa: I broadcaster tradizionali sono influenzati da logiche commerciali e dal bisogno di attrarre un pubblico di massa. Il podcasting è più flessibile, permettendo ai creatori di esplorare nicchie e creare contenuti autentici.
Scalabilità globale: I broadcaster tradizionali sono spesso limitati da confini geografici e linguistici. Il podcasting è immediatamente globale, accessibile ovunque ci sia una connessione Internet.
Se le differenze tra podcasting e broadcasting tradizionale mettono in evidenza la natura libera e decentralizzata del podcast, è con l’avvento dei broadcaster commerciali che questo equilibrio inizia a cambiare.
Questi ultimi operano secondo un modello di business basato sulla vendita di pubblicità e sponsorizzazioni. La tensione tra l'indipendenza del podcasting e la crescente influenza dei broadcaster commerciali rappresenta oggi una delle sfide più grandi per il futuro di questo formato.
Cosa aveva previsto Doc Searls?
Doc Searls non era un pioniere diretto del podcasting, ma le sue idee sulla decentralizzazione e la distribuzione digitale hanno creato il contesto culturale e tecnologico per il suo sviluppo. Il suo articolo su Linux Journal riconosceva che questa libertà tecnologica sarebbe stata minacciata dal potere economico delle grandi industrie mediatiche. "Arriverà il giorno," scriveva Searls, "in cui i broadcaster commerciali si sentiranno minacciati dal podcasting personale."
Beh, forse quel giorno potrebbe essere arrivato o ci siamo molto vicini. I broadcaster commerciali si sono evoluti in grandi piattaforme che ora controllano non solo la distribuzione, ma anche la produzione di contenuti. La centralizzazione e le logiche di mercato minacciano di trasformare il podcasting in un prodotto sempre più omogeneo e meno indipendente.
Detto questo, come si sostiene allora il settore del podcasting se togliamo la parte commerciale? È un male parlare di monetizzazione e profitto nel podcasting?
No. Il problema di fondo non è la monetizzazione o il profitto, ma come le logiche commerciali traslate da altri canali possano influire sullo spirito libero e inclusivo del podcasting.
Di monetizzazione ne parleremo nei prossimi numeri di Prospettive.
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Alla prossima!
Ester